“La nostra prossima stella ha il cuore tricolore”

Nexteria protagonista di un’intervista a tutto tondo al suo AD Luis Caramagna e di un video ad opera di Assolombarda.

Nexteria raccontata dalle voci di Luis Caramagna, fondatore e Amministratore Delegato, e di alcuni dipendenti dell’azienda (link al video)

Profuma di innovazione, di saper fare in Italia, di futuro. Ha una visione precisa. È passata da 1 a 120 dipendenti in tre anni. È cresciuta del 50% sul 2013 e nel 2015 crescerà del 50% sul 2014.
È una startup, ma non solo, è un progetto in continuo divenire, una fabbrica di connessioni, di sinapsi.
La redazione di Assolombarda News ha intervistato Luis Caramagna, fondatore, insieme al socio Diego Traversi, di questa luminosa azienda.
Siamo orgogliosi della nostra “prossima stella”: scopriamo insieme Nexteria.

Ci racconti la sua azienda. Di che cosa si occupa Nexteria?

Nexteria è una startup, intesa in senso lato dato che abbiamo concluso il terzo anno con l’esercizio 2014. È una startup partita da zero con capitali privati, miei e del mio socio, con l’intento di aprirci al mercato del business process outsourcing, che conosciamo molto bene e pratichiamo da una ventina d’anni con esperienze manageriali in aziende multinazionali e italiane. Abbiamo però intuito l’opportunità di costruire un’offerta a valore, totalmente made in Italy, tema a cui teniamo moltissimo, vicina ai nostri clienti, e per questo abbiamo scelto di investire a Milano e non in altre zone.

Nexteria ha 3 componenti di business: la prima linea è il customer care in outsourcing per multinazionali o grandi aziende, che incrocia tecnologia e processi e gestisce integralmente il servizio. La seconda linea è la formazione in ambito automotive per le principali case auto, o per le reti; ci occupiamo di formazione tecnica e commerciale: tecnica, per la gestione della parte di meccatronica di un veicolo; commerciale perché il lancio di un nuovo veicolo spesso passa attraverso i nostri tecnici e ingegneri: professionisti che girano lo Stivale per andare ad “acculturare” la rete commerciale delle case auto sul lancio di nuovi modelli, partendo sempre da un punto di vista tecnologico. La terza linea di business è la consulenza in ambito information technology e processi, sempre ascrivibile a una cornice di customer care. Quindi, eroghiamo consulenza per il disegno di processi e di protocolli; in alcuni casi possiamo gestire i processi che abbiamo disegnato, in altri casi semplicemente forniamo una consulenza all’azienda che ha comprato i nostri servizi.

Nexteria è nata nel 2011 e ora posso dire che è stata una gran fatica perché, lo sapete meglio di me, sono anni molto impegnativi per tutti. Abbiamo però voluto sfidarci e confrontarci da imprenditori in un mercato del lavoro molto frastagliato ma che allo stesso tempo mai come ora permette delle grandi opportunità; mai come ora la tecnologia è stata a un prezzo così basso e mai come ora è stata in grado di poter far fare realmente un salto a quelle che sono le dimensioni di processo standard. Per questo, con il mio socio Diego Traversi, abbiamo deciso di investire tutto quello che avevamo soprattutto da un punto di vista di competenze e di know how, di metterci la faccia e di investire nella sede di Milano.

Siamo partiti con un dipendente a gennaio 2012 e in questo momento con noi lavorano circa 120 persone che hanno abbracciato il nostro progetto. A chi entra nella nostra squadra diciamo che non entra a lavorare in una realtà strutturata, ma in un progetto che è in divenire, dove le persone hanno la possibilità di partecipare all’evoluzione dell’azienda che fino ad oggi è stata un’evoluzione rapidissima.

Ci racconti le tappe di questo viaggio

Abbiamo aperto la sede di Milano tra l’ottobre del 2011 e il gennaio del 2012; nell’aprile del 2012 abbiamo poi aperto una piccola sede a Roma, totalmente vocata alla formazione automotive; per finire, abbiamo aperto una terza sede nel luglio del 2014 a Verona.

La scelta di aprire a Verona è stata fatta per due motivi: lì abbiamo in questo momento una grossa committenza e il nostro spirito è quello di essere vicini al cliente; inoltre il Veneto per noi è un territorio molto interessante con cui confrontarci. C’è una classe imprenditoriale molto radicata sul territorio, medie e grandi imprese italiane a cui in qualche modo vogliamo fare una proposta di evoluzione su alcuni processi standard, ma soprattutto sui processi di comunicazione con le loro basi clienti. Le tecnologie di cui disponiamo, i processi che disegniamo e che eroghiamo sono normalmente adottati da multinazionali e questa tecnologia permette di rendersi anche internazionali.

Cosa intende per internazionalizzazione?

Per internazionalizzazione Nexteria intende un concetto molto chiaro. Per noi l’estero è un aspetto di costruzione di valore e non di contenimento del costo; per far questo abbiamo scelto di andare all’estero non a Est ma a Ovest.

Normalmente, si sta andando a est per costruire grandi impianti o fabbriche per avere un costo del lavoro più basso. La nostra scelta, avendo investito a Milano, Roma e Verona, è di avere un costo del lavoro italiano e continuare a investire in Italia, perché siamo italiani e anche per una serie di elementi di opportunità di business che riteniamo l’Italia offra, non solo in questo momento. Siamo “andati a ovest” il 23 aprile, quando in Spagna abbiamo firmato un accordo internazionale a tre, con un’altra azienda italiana e un’azienda spagnola che andrà a distribuire un protocollo informatico all’avanguardia.

Questo significa poter esportare tecnologia, know how, costruzione di processi italiani nella penisola iberica avendo già un’esperienza di successo nel costruire questi format in Italia. Quindi, internazionalizzazione per noi è apertura di nuovi mercati, non la possibilità di avere un costo del lavoro inferiore, questo non ci interessa e lo dimostriamo giorno dopo giorno: laddove l’aspetto economico non ci soddisfa in fase di prospezione, avendo noi dei lavoratori italiani, non andiamo neppure avanti a cercare di prendere la commessa a tutti i costi.

È una scelta di posizione, è una scelta di campo. Avremmo potuto crescere addirittura più velocemente ma abbiamo rinunciato a commesse che in qualche modo mettevano a rischio e a repentaglio quello che era il nostro modello di business.

Ha parlato di innovazione, Nexteria effettivamente è un brand che sa si innovazione. Come la intende?

Intanto, darei una spiegazione di cosa significa Nexteria: next sta per ‘prossimo’ in inglese e poi c’è la contrazione di astéri in greco stella, quindi significa prossima stella.

La volontà nel costruire il brand è stata quella di definire un percorso costantemente in divenire. Non ci fermiamo a quello che in questo momento abbiamo costruito ma ci immaginiamo sia una progressione verticale ma soprattutto orizzontale, con delle filiazioni che avremo progressivamente.

La prima innovazione, mi permetta la nota di orgoglio, è quella di essere oggi uno dei pochi soggetti imprenditoriali in Italia che investe completamente sul mercato italiano con questo tipo di installazione, e questa è una forma di innovazione, anche se non dovrebbe esserlo.

La seconda innovazione è che noi abbiamo costruito all’interno di un cappello made in Italy un ambiente in cui uniamo in maniera armonica un processo di soluzioni tecnologiche la maggior parte delle quali, direi il 90%, costruite in Italia da imprenditori locali, da professionisti italiani. L’evoluzione è far sì che queste eccellenze tecnologiche possano entrare nel mercato con una visione di compattezza e di evoluzione da poter esportare. Quello di cui soffre ad oggi il mercato italiano è di avere delle eccellenze molto piccole, delle eccellenze che non riescono ad arrivare al mercato, ecco che Nexteria ha voluto costruire un ambiente fervido e fertile dove poter costruire e rendere vetrina queste eccellenze.

Diamo ai nostri clienti un approccio di “try and buy”. Quindi, prima provano i nostri servizi, per uno, due o tre mesi e, se questo li convince, costruiamo un contratto organico di più lunga gittata. Entriamo nel mercato in maniera flessibile, non invasiva del conto economico di un possibile nostro cliente. Portiamo il risultato e poi ci misuriamo. La nostra scelta è una scelta di qualità.

Sottolineo ancora come in questo momento il mercato italiano stia esprimendo delle eccellenze veramente importanti nelle piccole software farm, nelle piccole realtà o nelle medie realtà. Mettersi insieme, ad oggi, ha un significato di innovazione, mettersi insieme e costruire offerte verticali per il mercato è quello che per noi ad oggi è innovazione sul mercato italiano.

Il Made in Italy, come lo percepisce e come lo vorrebbe?

La traduzione è “fatto in Italia” e noi stiamo “facendo in Italia le nostre operazioni”. Il made in Italy oggi ha un sapore legato a due elementi caratteristici: la moda e il cibo, ma poco si sa di quanto l’Italia sia in grado di fare evolvere invece una terza direttrice che è quella di rendere ‘fashion’ il nostro saper fare software e processi soprattutto atti ad abilitare un ingaggio con un potenziale cliente, o tra un già cliente e un’azienda, o tra un’azienda e i suoi prospect.

Da qui mi collego sul perché ci definiamo “fabbrica sinapsi”. Fabbrica nasce da ‘faber’ quindi fabbro, sa di artigianale e di ferro e di capacità di utilizzare le mani. Le sinapsi sono i legami, sono connessioni tra due neuroni, due cellule in grado di veicolare un messaggio. Tutti i giorni dialoghiamo con i clienti e committenti, costruiamo legami, costruiamo sinapsi e in qualche modo abbiamo industrializzato queste azioni; per questo anche nel nostro sito Internet non abbiamo rappresentato la nostra modernità attraverso immagini di fantascienza ma attraverso le immagini delle mani forti, sporche e stanche di un artigiano che piega la materia e la trasforma. Creiamo un valore misurabile attraverso le tecnologie e quindi ai nostri committenti diamo la misura di quello che abbiamo trasformato.

Le multinazionali e le grandi aziende italiane che ci hanno dato lavoro e fiducia in questi anni continuano a misurare costantemente qual è la bontà della nostra fabbrica sinapsi perché costantemente hanno sistemi di reporting che siamo in grado di offrire e possono verificare puntualmente qual è l’avanzamento, quale è stata la trasformazione, la scocca, la scintilla di quella connessione che abbiamo attivato.

L’azienda è cresciuta da un dipendente a 120 dipendenti in tre anni. In una crescita così veloce, quanto contano e come si gestiscono le risorse umane?

A Milano abbiamo raddoppiato la sede originaria, e l’abbiamo già popolata per un terzo. Le persone normalmente non si gestiscono, ma si coinvolgono all’interno del progetto.

Per dare sostanza a quello che sto dicendo, Nexteria per il 2015 ha costruito un processo di formazione che coinvolgerà tutte le persone e che abbiamo chiamato “nutrire le idee”: è un processo di formazione che coinvolgerà le persone nel chiedersi che cosa è oggi Nexteria, su che cosa è corretto muoverci e qual è il livello di ingaggio e coinvolgimento che le persone hanno con l’azienda.

Si tratta di un programma di formazione strutturato che coinvolge tutta l’azienda, a tutti i livelli, sia in ambito tecnico che in ambito manageriale. Ciò che ognuno di noi fa quotidianamente ha un immediato impatto sia all’interno dell’azienda, sia all’esterno, sul cliente. Ecco perché ci crediamo e teniamo molto.

“Dipendenti” è una definizione corretta, lecita da ogni punto di vista, formale e sostanziale. Esiste però un momento in cui ti rendi conto facendo azienda in maniera vissuta che non esiste un rapporto di dipendenza ma esiste un rapporto di “interdipendenza” totale tra l’imprenditore e le persone che gli hanno dato fiducia scegliendo di lavorare fianco a fianco nella costruzione di un progetto, di un’idea che nella sua rappresentazione plastica chiamiamo azienda.

I nostri uffici sono assolutamente immersi in quello che è l’ambiente operativo e questo significa essere costantemente compartecipi. La visione è un aspetto che necessariamente ha l’imprenditore ma deve essere passata ai dipendenti e deve essere condivisa, da qui il nostro progetto formativo di quest’anno 2015: le persone devono essere messe al centro della visione.

Nexteria tra tre anni. Come la vede, che progetti avete nel cassetto e quali risultati volete raggiugere?

Parlando da un punto di vista prettamente economico, Nexteria nel 2014 è cresciuta del 50% sul 2013 e nel 2015 crescerà del 50% sul 2014, una crescita consistente. Ad oggi i progetti di sviluppo che abbiamo sono di fare un +100% dell’attuale giro d’affari nell’arco di un triennio, possibilmente anche prima.

Esiste inoltre una volontà forte di aprire linee orizzontali. Quindi, ad oggi, stiamo guardando con molta attenzione a piccole startup, ma anche ad aziende che sembrano mature, ma che in realtà stanno introducendo delle innovazioni radicali. Nexteria vuole costruire nei prossimi tre anni una sua presenza anche societaria in soggetti che in questo momento stanno costruendo innovazione in Italia, per andare ad espandere quel concetto di rete, di filiera integrata, che oggi abbiamo dal punto di vista commerciale.

Se dovesse spiegare la sua azienda utilizzando tre parole, Nexteria è…

Vera, veloce e trasparente.

Vera perché oggi non ci sono più spazi per i furbi o chi cerca delle scorciatoie. Vera perché ogni volta che una nostra persona parla attraverso una mail, una telefonata, una chat, un tweet o un post di facebook con un cliente o potenziale cliente c’è un ingaggio, sono momenti di verità perché ti esponi come lavoratore e perché vero è quello che state vedendo, cioè un progetto sulla carta che è diventato realtà.

Veloce perché tutto quello che abbiamo fatto l’abbiamo fatto in estrema velocità, rubando tempo al sonno, sicuramente con una forte volontà di mettere in pratica ciò che immaginiamo. Quando prima parlavo del progetto di internazionalizzazione, abbiamo iniziato a ragionarci a ottobre, ci siamo mossi con i primi viaggi in Spagna a Madrid tra novembre e dicembre e abbiamo chiuso l’accordo in aprile. Ecco, credo che questo sia un esempio di grande velocità.

Trasparente: per noi è fondamentale. I nostri uffici sono pieni di cristallo in modo che entri molta luce ed è una metafora di quella che è la nostra azienda. Molte volte i nostri clienti sono qui al nostro fianco, seduti accanto a noi mentre facciamo le operazioni. La trasparenza permette al nostro committente di affidarsi, di costruire un rapporto di lealtà che è la migliore via per costruire un rapporto che duri nel tempo. Fabbrica Sinapsi, fabbrica trasparente.

Cosa manca a questa intervista? Un aspetto che vorrebbe mettere in luce

Un aspetto che mi piacerebbe evolvesse e a cui arriveremo progressivamente anche in Italia sono i modelli di impresa a rete e gli incubatori. Mi piacerebbe che gli imprenditori di qualsiasi età si sedessero intorno a un tavolo per riprogettare realmente l’impresa a rete, perché abbiamo sicuramente strumenti e dispositivi che permettono, da un punto di vista fiscale e legale, di muoversi a rete; ma ci deve essere prima una capacità di leggere in profondità il contesto e avere una visione congiunta.

Mi piacerebbe la possibilità di un confronto diretto, pulito, senza elementi di gelosia per il proprio business tra imprenditori che possibilmente abbiano fondato le loro aziende negli ultimi 10 anni. Lo dico perché aver fondato un’azienda negli ultimi 10 anni significa essersi confrontati con un mercato molto particolare e significa veramente aver creduto e scommesso tantissimo; credo quindi che mettere insieme queste esperienze e fare evolvere i modelli aziendali sia una bella sfida da ogni punto di vista.

Mi auguro quindi che l’associazione possa fare sempre più sinapsi, connessioni tra le imprese.

Nota della redattrice: prima di lasciare l’ufficio del dr. Caramagna faccio caso a un dettaglio che da solo rende l’idea della visione dell’uomo, dell’imprenditore, dell’azienda: il tappetino del mouse con la bandiera tricolore che cita “Italy is a great place to start” “L’Italia è un ottimo posto da cui iniziare”.

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